Sugo d’uva
Tempo di vendemmia, tempo di sugo d’uva.
Questa dolce specialità della tradizione emiliano-romagnola si prepara solo durante la vendemmia.
Settembre in Emilia Romagna è il tempo della vendemmia e del dolce sugo d’uva. Ogni rezdora* ne conserva la ricetta che varia a seconda delle zone, talvolta anche dei cortili. Certo è che proprio il sugo d’uva, con l’aria da budino e il piglio di un gustoso succo, è molto più accattivante se fatto con il mosto rosso piuttosto che bianco.
Ma cosa si intende per sugo d’uva? Si tratta di un impasto di mosto e farina cotto seguendo un’arte semplice e antica. Le ricette non sono univoche, ma sbirciando ad esempio nel modenese c’è chi propone quella certificata da “storie di terre e di rezdore”, un progetto on line per conservare la cultura gastronomica più autentica di queste terre. Non poteva dunque mancare l’amatissimo sugo d’uva: dolce che da sempre ha accompagnato ogni vendemmia per poi farsi attendere fino all’autunno successivo. Il perché è semplice: per prepararlo serve il mosto appena fatto. Come recitano le indicazioni delle rezdore modenesi, per ogni litro di mosto (sufficiente per otto porzioni di sugo d’uva) occorre aggiungere 100 grammi di farina e circa 50 grammi di zucchero.
Come si prepara il sugo d’uva? Il mosto si fa scaldare in un tegame senza coperchio. Raggiunta l’ebollizione occorre eliminare la schiuma che emerge in superficie. Quindi si spegne il fuoco e si aggiunge una piccola quantità di mosto alla farina, l’operazione si fa lentamente aiutandosi con un piccolo mestolo in modo da mischiarli senza che si formino grumi. Si ottiene così una crema che va aggiunta al restante mosto insieme allo zucchero continuando a mescolare perché il tutto risulti molto liscio.
E non è finita: il composto va infatti rimesso per almeno dieci minuti sulla fiamma bassa e continuando a mescolare, prima di versarlo in uno stampo. Il sugo d’uva dovrà quindi riposare qualche ora e poi si conserverà in frigorifero anche per una settimana.
Per sperimentare questa perla rustica della tradizione emiliano-romagnola serve solo la voglia di concedersi un tour tra i vigneti, ideale per procurarsi il prezioso mosto senza lasciarsi sfuggire il tempo della vendemmia e del buon sugo d’uva.
* Il motore della cucina emiliana è la rezdora, la regina della casa. È lei che sa fare la pasta e sa usare il matterello, non un “bastone” qualsiasi, ma lungo, meglio di ciliegio, e liscio. La fogliata viene stesa a forma di disco, e il matterello deve superarne il diametro. Inoltre la pasta, una volta stesa, deve essere “rotonda come la luna e leggera come una carezza”: parola del bolognese Giovanni Poggi, fondatore nel 1963 della Confraternita del Tortellino.
settembre 1, 2019 Posted in: Informazioni
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